Rubrica a cura di Marilisa Brocca


INTERVISTA ENRICO OSELLADORE – Venezia Mestre
A cura di Marilisa Brocca (Febbraio 2005)

Enrico Oselladore è un artista che ama dipingere en plein air. Tra i suoi lavori spicca il paesaggio veneto ma il paesaggio veneziano è per lui fonte di continua ispirazione. Le pennellate fluide, sciolte, i toni soffusi e i soggetti interpretati donano ai suoi quadri il privilegio di essere tra quelle opere senza tempo, sempre attuali, riconducibili al passato come ai giorni nostri.


Ciao Enrico, benvenuto in questa nostra chiacchierata. Partiamo subito con la prima domanda:

Come spesso è successo ad altri artisti, sei stato un appassionato della pittura fin da ragazzino per poi lasciare al chiodo colori e pennelli. Il lavoro, la famiglia, la vita e la sua quotidianità ti hanno portato in altre direzioni. Ma quando hai ripreso questa tua passione è stato come essere tornato a casa e quindi hai ritrovato l’antica passione appunto, oppure hai avuto difficoltà a riprendere il filo interrotto.


No, nessuna difficoltà, la difficoltà iniziale stava nel trovare la voglia di fare le cose, ma questa voglia era sempre latente come qualcosa che doveva venire fuori e non veniva. Ti dirò di più, mi sentivo come in colpa per questa sensazione. Così è andata avanti per un po’, fino a che, per fortuna, alla fine questa voglia è scoppiata venendo finalmente a galla così come si può vedere anche dai miei lavori.


Si dice sempre “non ho rimpianti!…” ma diciamoci la verità non pensi mai “Ah, se non avessi interrotto!…”

Sì, certamente è un rimpianto che ho tuttora e continuamente me lo porterò avanti. Dicevo proprio poco fa di quanto mi sentivo in colpa di non trovare la forza di mettermi a lavorare quando invece questo desiderio lo sentivo fortemente, ancora di più il fatto di pensare: “ Ah se non avessi interrotto…” mi rode come un tarlo.

Noto come i tuoi soggetti sono spesso ricchi della figura umana rappresentante scene popolari come in una giornata di mercato. Mi viene da pensare che una Venezia-museo non rientra nelle tue corde. Che tipo di Venezia ami e vuoi ricordare al mondo con le tue opere.

Voglio ricordare Venezia per quello che è! Viva, con tutte le sue atmosfere, con la vita tipica della gente, non una Venezia limitata al turista ma una Venezia vissuta dal popolo. Io tutto sommato non sono veneziano, sono nato a Chioggia, la cosiddetta “piccola Venezia” ma l’atmosfera un po’ è quella: le case, i colori, l’acqua. Fin da bambino ricordo dei giochi sulle barche, la confidenza, il movimento, la gente, il tutto così intensamente parte integrante del paesaggio. Ecco, io sono innamorato di queste sensazioni perché sono tutta la mia vita.

Dalla tua passione per l’arte en plein air deduco che tu sei il classico artista che ha sempre con sé matita e bloc-notes, quanto importante è l’esercizio e l’abilità a riprodurre l’attimo?

E’ importantissimo, direi che per la pittura è fondamentale l’impulso iniziale, quella voglia di voler fermare l’attimo: è come avere una macchina fotografica nella tua penna la differenza però sta nel fatto che la macchina fotografica offre sì riproduzioni fedeli ma fredde, mancano come dire…dell’anima. Ci sono delle cose che la macchina non riesce a carpire, certe sensazioni che riproduci con la matita in quel momento sono solo dentro di te.

I tuoi lavori hanno una forte componente vitale, parlano della gente, delle emozioni. Spesse volte come hai detto, riproduci in estemporanea con estrema scioltezza e velocità per non perdere nessuna nota di merito del paesaggio, certo durante queste performance attirerai molti curiosi che non sanno trattenersi ad osservarti all’opera. Non ti crea imbarazzo o una certa difficoltà a concentrarti?

No, anzi direi inizialmente sì, come tutti penso, quando ci si cimenta in una cosa “temi” un po’ il giudizio della gente. Ma quando io mi metto davanti al cavalletto acquisto una forza interiore mia personale, divento tutt’uno col quadro. Anzi ti dirò di più, ci sono momenti in cui mi guardo attorno e magari non c’è nessuno spettatore allora mi piace incitare le persone a fermarsi magari in maniera ironica e un po’ cafonesca lamentandomi: “Ma come non c’è nessuno!… io sto lavorando e tutti passano dritti!” E’ un rito simpatico che trova subito risposta ma è un atteggiamento assolutamente lontano dalla mia personalità se consideri che io sono fondamentalmente un timido. Ecco, la pittura mi ha dato anche questo: la fiducia, la forza di non isolarmi, da utilizzare quasi come una medicina.

Cosa ti insegna il confronto con la gente. Raccontaci un aneddoto.

E qui mi prendi un po’ alla sprovvista. Fammi pensare … un aneddoto… ricordo proprio un particolare: come sai il fatto di metterti a dipingere ti mette un po’ alla prova e sai che ci saranno dei giudizi. Un giorno stavo dipingendo a Mestre, in Via Allegri e un signore si è fermato, anzi non lo avevo notato subito, sentivo che c’era come un ombra però non lo avevo individuato ancora. In quel momento stavo riprendendo dei passanti: due carabinieri, una mamma con la carrozzina. A quel punto questo signore in dialetto veneziano mi dice: “Ah, ma iu pitura davero, no el fa finta come quei de Venesia”. Il fatto di aver visto dipingere la scena di quel momento gli ha fatto capire che dipingevo in “diretta” e gli ha fatto esclamare questa frase.
Quella volta ho provato una soddisfazione enorme, questo tipo di apprezzamenti ti da una carica eccezionale: in quel momento mi sono reso conto di essere sulla strada giusta e di voler fare le cose bene e col cuore.

La luce è componente fondamentale per chi lavora en plein air, quali sono le ore della giornata che preferisci.

Direi verso l’imbrunire quando le ombre si allungano, la luce diventa più calda. Si, certamente prima che faccia sera, verso il tardo pomeriggio.


Autoritratto - olio su tela


Se qualche volta riesci a star lontano dai colori e pennelli cosa fai nella vita di tutti i giorni.

Diciamo che resto sempre nell’ambito dell’arte: sono appassionato di musica, suono la chitarra oppure leggo qualche libro. Ma la mente è sempre occupata dalla pittura, so che da lì a poco comincerò di nuovo a dipingere.
Devo comunque dire che la pittura non la lascio mai. Infatti, negli ultimi anni mi è stato chiesto di tenere, in qualità di docente, dei corsi all’Università del Tempo Libero presso l’Istituto Berna di Mestre. Per me è una soddisfazione enorme. Seguono i corsi una trentina di allievi, che poi sono diventati una trentina di amici e a loro io porto le mie esperienze acquisite sul campo, essendo io stesso un autodidatta. Sapere che possono imparare dalla mia esperienza mi gratifica. Comunque a questi ragazzi porto sì la tecnica che è importante, ma soprattutto la passione per l’arte e la pittura. E credo che il messaggio sia da loro ricevuto.


Tu insegni ai tuoi allievi la passione e la tecnica e imparano anche scrutando le tue esercitazioni e cercando di carpire il segreto di questa o quella pennellata. Tu a tua volta sicuramente visiti mostre di altri artisti. Quanto il tuo occhio “ruba”?

Penso abbastanza, da chiunque, non solo dai grandi artisti, ma anche dai semplici allievi. Certo dai grandi Maestri c’è molto da “rubare” ma poi non è detto che riporti a casa tutto quello che vedi. Posso aver visto qualcosa di valido ma che non va ad influenzare il mio personale stile. Certo è importante visitare le mostre ma per imparare qualcosa bisogna però saper guardare sempre con occhio molto umile.

Com’è tradizione, in questa rubrica inserisco sempre una domanda posta da una terza persona, interpellata dalla sottoscritta. Questa amica si chiama Aurora e alla vista dei tuoi quadri chiede: “Venezia è molto grande e offre mille spunti ad un artista ma i tuoi soggetti tendenzialmente hanno sempre presente la componente acqua. C’è un motivo particolare?”

Sì, è vero, adesso che ci penso c’è sempre la componente acqua e questa è una domanda che adesso mi faccio anch’io. Forse perché l’acqua… rispecchia e di conseguenza offre un’immagine doppia: l’immagine reale e quella che cade nell’acqua. Quella che cade nell’acqua per me è stupenda perché mutevole, cambia continuamente. Mi piace molto captare nel riflesso questa mutevolezza della realtà.

Siamo all’ultima battuta, Enrico: ti vedo un artista versatile, ricco d’iniziativa e spirito creativo. Hai finito un quadro… sei pronto a farne un altro subito?

No, direi che ho bisogno di un attimo di pausa. Per carità, potrei farne un altro, ciò non mi creerebbe nessun problema ma so che il mio pensiero sarebbe altrove. Se ci penso, sento proprio il bisogno di rimanere legato ancora a quell’ultimo quadro. E’ come, cosa posso dire, un amore. Non può finire subito, prima di cambiare sento la necessità di rimanere mentalmente legato ancora a quel quadro… a quell’amore.

E con questa tua ultima dichiarazione d’amore all’arte e alla pittura io ti saluto Enrico, la nostra intervista si conclude qui.

E’ stato interessante, questa nostra conversazione mi ha fatto ricordare alcune sensazioni che non ricordavo che mi hanno riportato indietro nel tempo. Grazie Marilisa!

E’ stato interessante anche per me oltre che, naturalmente, un vero piacere. Ciao e buon lavoro!

 

 

 

 

 

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